Due partite

di Gianna Beltrami

 

 

 

Il regista Enzo Monteleone ha realizzato cinematograficamente un testo teatrale di Cristina Comencini. L'opera, di conseguenza,  risente di una certa staticità, svolgendosi in gran parte nel salotto di un appartamento  piccolo borghese.

Siamo negli anni Sessanta. Un giorno alla settimana quattro amiche si ritrovano e, mentre giocano a carte,  si raccontano aspetti del loro quotidiano confrontandosi e punzecchiandosi. Ne escono quadri di vita personale e coniugale caratterizzati da luoghi comuni e scontentezze tollerate o subite, tranne che per una di loro che, incinta, ha ancora molta speranza e fede nell’amore e nella maternità.

A proposito di maternità mi è capitata una cosa buffa: ho sentito dire una frase, che ho considerato la più interessante del film, ma che forse ho solo sognato, perchè nessun altro l'ha sentita. Una delle protagoniste "avrebbe" detto che  "gli uomini hanno consentito alle donne di “tenersi” la maternità dato che vale ben poco..."

Questa affermazione sarebbe davvero un’osservazione controcorrente dato che l’invidia della maternità ha in un certo senso compensato l’invidia del pene e inoltre, con le pratiche di fecondazione assistita, il potere maschile oggi sembra fare di tutto per espropriare le donne della procreazione.

La frase viene pronunciata mentre nella stanza accanto le amiche giocano a carte e le loro figlie, già sulla strada di un progetto non realizzabile, ritagliano dai giornali immagini di principesse.

Trent' anni dopo, al funerale di colei che era animata da tante speranze, morta suicida come la propria madre, si ritrovano anche le figlie ormai cresciute (Alba Rohrwacher, Carolina Crescentini, Claudia Pandolfi, Valeria Milillo) e che riprendono l'abitudine delle madri di riunirsi nel solito salotto per comunicarsi le loro insoddisfazioni, nonostante siano più libere nei rapporti affettivi e maggiormente realizzate professionalmente.

La maternità è considerata anche da loro un’esigenza da perseguire ad ogni costo.

Le attrici che impersonano le quattro madri (Margherita Buy, Marina Massironi, Paola Cortellesi, Isabella Ferrari) sono brave e confermate, ma la banalità dei loro ruoli non le valorizza a fondo.

Alla fine, pero' penso che anche la banalità, se espressa in forma ironica, possa comunque portare alla consapevolezza e alla presa di coscienza di sé, sia qualche donna che qualche uomo.

 

23-03-09